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Si dice con frase fatta: immagini che non avremmo mai voluto vedere. Oppure che
non vorremmo vedere più. Invece dobbiamo guardarle e riflettere. Foto di bambini in guerra, in zone di guerra. Bambini che subiscono la guerra, bambini che
combattono la guerra. Bambini in uniforme. Un’infanzia negata e violata,
un’infanzia che combatte e che cerca, in qualche modo, di riacquistare un poco
di ‘normalità’. Bambini che guardano curiosi, inquieti, terrorizzati, una realtà
inquietante, abitata da soldati in armi. Sullo sfondo carri armati pronti a
sparare.
Il poeta non è mai tale per scienza, e per conoscenza, ma per irrazionale intuito. Il poeta, quando compone, è ispirato, è "fuori di sé", è "invasato", e quindi inconsapevole: non sa dar ragione di ciò che fa, né sa insegnare ad altri ciò che fa. Il poeta è poeta per fato divino.Più precise e determinate sono le concezioni sull'arte che Platone esprime nel libro decimo della Repubblica. L'arte, in tutte le sue espressioni (cioè sia come poesia, sia come arte pittorica e plastica), è, dal punto di vista ontologico, una "mimesi", vale a dire una "imitazione" di cose e avvenimenti sensibili. Sia la poesia che l'arte figurativa descrivono uomini, cose, fatti e vicende di vario genere, cercando di "riprodurli" con parole, colori, rilievi plastici. Ora, noi sappiamo che le cose sensibili sono, dal punto di vista ontologico, non il vero essere, ma l'imitazione del vero essere: sono una "immagine" dell'eterno "paradigma" dell'Idea, e perciò distano dal vero nella misura in cui la copia dista dall'originale. Ebbene, se l'arte, a sua volta, è "imitazione" delle cose sensibili, allora ne consegue che essa viene ad essere una "imitazione" di una "imitazione", una "copia" che riproduce una "copia", e quindi viene ad essere lontana dal vero ancor più di quanto lo siano le cose sensibili: essa rimane "tre gradi lontana dalla verità".
Dunque l'arte figurativa imita la mera parvenza e così i poeti parlano senza
sapere e senza conoscere ciò di cui parlano, e il loro parlare è, dal punto di
vista del vero, un gioco, uno scherzo. Per conseguenza, Platone è convinto che
l'arte si rivolga non alla parte migliore, ma alla parte peggiore della nostra
anima.