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mercoledì, marzo 12, 2008

La Cina promossa dagli Stati Uniti sui diritti umani blocca la protesta di 600 monaci tibetani

In Tibet, dove in questi giorni si ricorda l'anniversario della ribellione contro la Cina del 10 marzo 1959, la polizia cinese ha disperso con il gas circa 600 monaci che si erano riuniti nei pressi della capitale Lhasa, per organizzare una marcia di protesta contro l'occupazione di Pechino.
L'episodio non è che l'ultimo di una serie iniziata lunedì, giorno dell'anniversario, e che sta attivando le organizzazioni per la difesa dei diritti umani già impegnate nella protesta contro i prossimi giochi olimpici di Pechino.
Anche in India alcune centinaia di esuli tibetani hanno organizzato un'altra marcia di protesta proprio contro le Olimpiadi cinesi, nonostante il divieto del governo indiano che vuole evitare tensioni con Pechino. E anche se i manifestanti confidano nel fatto che la loro manifestazione pacifica non susciterà la repressione della polizia, secondo Radio Free Asia (fondata dal governo statunitense) finora sono almeno 71, soprattutto monaci, le persone arrestate. Il governo cinese minimizza la portata delle proteste, ma tramite il suo ministro degli esteri Yang Jiechi, ha anche vietato ogni manifestazione non autorizzata dal governo. E il divieto vale soprattutto per i Giochi Olimpici.
Intanto gli Stati Uniti, nel loro rapporto annuale sui diritti umani, promuovono la Cina, togliendola dalla lista dei "peggiori violatori", nella quale è stata fino all'anno scorso insieme a Birmania, Siria e Corea del Nord. Ma il rapporto statunitense aggiunge anche che "in generale la situazione dei diritti umani è rimasta negativa", citando proprio la mancanza di libertà in Tibet e nel Xinjiang, la regione settentrionale del paese con forte presenza musulmana. Pechino respinge le critiche, sempre per mezzo del ministro Jiechi, per il quale le accuse stesse "rivelano una mentalità da guerra fredda, fanno distinzioni basate sull'ideologia" e "rappresentano un'interferenza negli affari interni della Cina con la scusa dei diritti umani".

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Obama trionfa in Mississippi


Barack Obama
Barack Obama trionfa in Mississippi, conquistando il 60% dei voti contro il 38 dell'avversaria Hillary Clinton nelle primarie democratiche. Un successo largamente atteso: il senatore dell'Illinois era in testa in tutti i sondaggi, favorito dall'alta percentuale di afroamericani (37% della popolazione), la più elevata della nazione. Una vittoria importante, dopo quella di sabato in Wyoming, ottenuta nell'ultima gara prima di una pausa di sei settimane (la prossima sfida è in Pennsylvania il 22 aprile), che spezza definitivamente il momento di gloria della Clinton uscita vittoriosa il 4 marzo scorso in Ohio, Texas e Rhode Island.

Come da previsioni, il senatore dell'Illinois ha avuto il massiccio consenso dei neri (90%, secondo gli exit polls), mentre solo un terzo dei bianchi ha votato per lui. In Mississippi, uno Stato tradizionalmente repubblicano in cui la maggior parte dei bianchi è schierata con il partito di Bush, il voto era aperto: significa che i repubblicani (oltre agli indipendenti) potevano votare nelle primarie democratiche. «Stiamo puntando, in ogni Stato, sul grande bisogno di cambiamento in questo Paese, e ovviamente la gente del Mississippi ha risposto», ha detto Obama dopo la vittoria in un'intervista alla Cnn, sottolineando che «stiamo conquistando più delegati».

Proprio su quest'ultimo fronte il senatore ha allungato ulteriormente il passo sulla rivale: nei caucus in Texas, i cui risultati ufficiali saranno resi noti il 29 marzo, avrebbe vinto 38 delegati contro i 29 di Hillary, la quale, nello primarie dello stesso Stato, ne ha ottenuti 65 contro i 61 del senatore. In Texas, dunque, il candidato afroamericano avrebbe preso complessivamente più delegati dell'ex first lady. Dei 33 del Mississippi, gliene toccano almeno 17, secondo l'Associated press, che ne assegna almeno 11 alla Clinton mentre 5 rimangono in bilico. Stando così le cose, Obama è in testa con 1.596 delegati, l'avversaria è a quota 1.484.

Il voto di ieri lascia sul campo importanti segnalazioni degli elettori. Secondo gli exit polls, il 40% dei sostenitori di Obama sarebbe comunque soddisfatto se la Clinton vincesse la nomination, mentre solo un quarto dei supporters di Hillary ha detto altrettanto del senatore dell'Illinois. Inoltre, mentre il 60% degli elettori di Obama pensa che dovrebbe scegliere Hillary come sua vice, solo il 40% dei seguaci della Clinton ritiene sia giusto il contrario. Tutto questo, peraltro, all'indomani della netta presa di posizione del candidato afroamericano, che ha escluso la vicepresidenza. Ieri è intervenuta sul tema la speaker della Camera Nancy Pelosi, dicendo che "un ticket tra i due è impossibile".

Da registrare, infine, le polemiche seguite a una dichiarazione della democratica Geraldine Ferraro, nome storico del partito e sostenitrice di Hillary: «Se Obama fosse bianco, non sarebbe in questa posizione, e neanche se fosse donna. È molto fortunato», ha detto. Immediata la reazione dello staff del senatore, che ha costretto la Clinton a prendere le distanze dalla gaffe dell'amica.

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Come mais sono ancora qui?

Oh mamma mia.
Tanto tempo non entravo da queste parti?