SIAMO TUTTI BUONI, ma pure cattivi. Così preferiscono pensare nonostante il mondo ci dia mille motivi per essere e pensare che siamo alla fine cattivi per naturalezza. Ogni azione umana rivela parte della personalità di chi la esegue, dunque se vogliamo capire veramente chi è l’uomo basta osservare le sue azioni. Però, le azioni di per sé non rivelano la natura del suo autore, perché l’uomo riesce dentro della sua macabra capacità di ingannare, aggirare ogni tentativo di interpretazione della sua azione quando intenzionata ad altri fini. Così vediamo politici a creare fondazioni per lavorare con i poveri o a favore della cultura, vediamo banchieri a fare carità e così via. Queste azioni – per carità non sono contro di esse – portano dentro sé degli stigmi che indicano la vera intenzione dell’autore, basta volere leggerle e le estrapoliamo. Voglio credere che siamo buoni.
UN INCUBO ITALIANO. Credo. Sono sicuro. Penso che sia la verità. Potrebbe essere la mia verità, ma per fortuna è la verità dei fatti, delle azioni che ci circondano. Parlo della paura, o meglio dell’incubo che persegue gli italiani quando si parla del diritto alla nazionalità italiana. L’Italia è una giovane nazione, questo per quanto riguarda l’apertura mentale dei suoi cittadini in relazione agli immigrati, soprattutto in relazione ai figli degli immigrati nati in Italia. Mi sono sorpreso quando l’altro giorno in questura una ragazza – apparentemente ventenne – parlando romanaccio puro, per non parlare dell’accento – sembrava cugina di Totti - aspettava insieme a me e ad un grande gruppo di immigrati il suo permesso di soggiorno.
In tre battute si è lamentata della burocrazia italiana, della chiusura mentale di tanti italiani, del trattamento che ricevono gli immigrati e via dicendo. È arrivata in Italia quando aveva sette anni, ma fino adesso non ha la cittadinanza. Del suo paese sa poco, la sua mentalità è italiana, il suo modo di ragionare, la sua gestualità, il suo stile, le sue idee, è tutto italiano. Persino il ragazzo è italiano. Beh, sono sicuro che non è l’unico caso, ci sono tanti altri, ma fino a quando?
Ben venga l’idea del Ministro Amato sulla cittadinanza, è tempo di cambiamento, è tempo di normalità, è tempo di crescita, è tempo.
Così, ormai sto vendo nel tempo, per dispiacere di Calderoni, la NAZIONALE ITALIANA avrà tonalità diversa, hummmmmmmmmm, e a quel si capirà meglio la questione francese…
MA PERCHÉ MI CHIAMI DI COLORE? In giro per l’Italia ho conosciuto persone che apparentemente erano buone, ma che nella prima opportunità mi hanno chiamato di Colore… arrabbiato e con tutto il rispetto li ho fatto capire che era un offesa, che tanti si lasciano chiamare di colore per frutto della rassegnazione. Essere chiamato di colore vale ad essere sconsiderato, per io sono NERO, africano, angolano, un gran e bello uomo. Ho una storia, una cultura in continua crescita e via dicendo. Il termine DI COLORE – nasce in ambienti di segregazione, ci priva della dignità umana, ci lascia senza un punto di riferimento naturale. Di colore è il camaleonte che cambia di colore, dunque non ha un colore specifico. Per oggi è tutto. Pensateci sopra.
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