Le quote latte sono dei limiti alla produzione, negoziati Paese per Paese dell’ambito dell’Unione europea, per evitare che il mercato venga invaso da un’offerta troppo abbondante e che la remunerazione degli allevatori crolli. I produttori che vogliono sforare i tetti non violano nessuna legge e possono regolarsi come credono, ma poi si vedono costretti a pagare un extra, una tassa che li disincentiva.
Le quote non sono una violazione del libero mercato?
Sì, sono apertamente un’intrusione delle autorità pubbliche nel gioco della domanda e dell’offerta. Sono state decise a livello politico perché i produttori in questo settore sono esposti a fluttuazioni di reddito molti forti; il sistema delle quote latte stabilizza i redditi degli allevatori ed è stato individuato (a torto o a ragione) come il male minore rispetto ad alternative come lasciar fallire i produttori quando i prezzi crollano per eccesso di offerta oppure sovvenzionarli con fondi pubblici in modo che sopravvivano alle crisi ricorrenti.
Qual è il contingente assegnato all’Italia?
Il regime è stato introdotto nel 1984 (poi più volte modificato) e in quell’occasione si è presa come riferimento la produzione nazionale italiana dell’anno precedente, pari a 8.823 migliaia di tonnellate. L’ultima modifica è del novembre 2008 quando la quota italiana è stata aumentata del 6%. Da notare che la grandezza usata per misurare il latte all’ingrosso è il peso e non la capacità, quindi la tassa viene pagata non su ogni litro ma su ogni chilo di latte extra.
Materialmente, come avviene il prelievo della tassa sull’extra quota?
Gli acquirenti di latte all’ingrosso (latterie, caseifici eccetera) fungono da sostituti d’imposta: devono tenere un registro delle consegne di latte dei produttori e nel momento in cui costoro superano la quota latte gli acquirenti devono trattenere il prelievo stabilito dalle norme comunitarie, sottraendolo dai pagamenti che fanno periodicamente per il latte comprato.
Lo sforamento delle quote latte è costato molto al sistema Italia?
Il prezzo è davvero alto. Nei giorni scorsi è stato calcolato che finora l’Italia ha pagato più di 4 miliardi di euro (per i primi anni ovviamente si è trattato di lire) a seguito di multe per non aver rispettato i contingenti di produzione.
Perché molti allevatori continuano a sforare le quote, se costa così caro?
In passato le multe per i contingenti violati sono state spesso pagate da Pantalone, cioè dallo Stato. La Cia (Confederazione italiana agricoltori) calcola che le casse pubbliche si siano fatte carico negli anni di almeno 1,7 miliardi di euro. Molti produttori continuano a produrre e a vendere di più contando sul fatto che non pagheranno alcun extra visto che interverrà a sostenerli la mano pubblica.
Come mai le quote latte sono diventate un problema politico?
L’Unione europea non tollera più che le multe vengano pagate dalle casse pubbliche perché questo equivale a una sovvenzione statale agli allevatori e perché in tale maniera tutto il sistema delle quote di produzione viene vanificato.
Allora gli allevatori hanno torto?
Alcuni possono avere delle buone ragioni da difendere. Per esempio protestano quando una parte delle quote italiane viene assegnata, per varie ragioni, a dei «produttori» fittizi che in realtà non producono nulla, così i contingenti si riducono per i produttori veri ed espongono questi ultimi allo sforamento delle quote e al pagamento delle multe. Oppure lamentano che da parte di alcuni venga introdotto in Italia del latte straniero contrabbandato come nazionale. Ogni violazione di regole comunitarie da parte italiana è fonte di imbarazzo per il Paese a Bruxelles.
Qual è il casus belli in questi giorni?
Un emendamento alla manovra economica sospende il prelievo delle multe sulla produzione extra. Il ministro delle Politiche agricole Giancarlo Galan (al pari di altri) si oppone, mentre la Lega è schierata a sostegno dei produttori di latte a rischio di multa, che sono concentrati nel Nord Italia.
Che cosa dicono al riguardo le associazioni degli agricoltori italiani?
Due opinioni contrapposte: la Confederazione italiana agricoltori definisce l’emendamento che sospende il pagamento come «uno scandalo» e «un’ennesima beffa per gli allevatori onesti» mentre la Copagri Lombardia sostiene la rateizzazione delle multe «per evitare nuovi fallimenti».
La stampa - A CURA DI LUIGI GRASSIA
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