LE SETTE REGOLE DELL’ARTE DI ASCOLTARE
Non avere fretta di arrivare a delle conclusioni. Le conclusioni sono la parte più effimera della ricerca
Quel che vedi dipende dal tuo punto di vista. Per riuscire a vedere il tuo punto di vista, devi cambiare punto di vista
Se vuoi comprendere quel che un altro sta dicendo, devi assumere che ha ragione e chiedergli di aiutarti a vedere le cose e gli eventi dalla sua prospettiva
Le emozioni sono degli strumenti conoscitivi fondamentali se sai comprendere il loro linguaggio. Non ti informano su cosa vedi, ma su come guardi. Il loro codice è relazionale e analogico
Un buon ascoltatore è un esploratore di mondi possibili. I segnali più importanti per lui sono quelli che si presentano alla coscienza come al tempo stesso trascurabili e fastidiosi, marginali e irritanti, perché sono incongruenti con le proprie certezze
Un buon ascoltatore accoglie volentieri i paradossi del pensiero e della comunicazione. Affronta i dissensi come occasioni per esercitarsi in un campo che lo appassiona: la gestione creativa dei conflitti
Per divenire esperto nell’arte di ascoltare devi adottare una metodologia umoristica. Ma quando hai imparato ad ascoltare, l’umorismo viene da sé.
Ricevute da Calili Carlos.
dal libro Marianella Sclavi.
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mercoledì, novembre 30, 2005
Aspetta, ascolta quel che dice l'altro. ECCO ADESSO PARLA!
martedì, novembre 29, 2005
Niente piu' gay nei seminari e negli ordini religiosi
Niente piu' gay nei seminari e negli ordini religiosi ...
Il Vaticano chiude loro definitivamente le porte con l''Istruzione'. Il documento approvato il 31 agosto da papa Benedetto XVI e diffuso stamani dalla sala stampa vaticana, sancisce che 'la Chiesa, pur rispettando le persone in questione, non puo' ammettere al seminario e agli ordini sacri coloro che praticano l'omosessualita', presentano tendenze omosessuali profondamente radicate o sostengono la cosiddetta 'cultura gay''.
mercoledì, novembre 16, 2005
domenica, novembre 13, 2005
Salutiamo con gioia il 30esimo anniversario dell’indipendenza nazionale
Luanda (Agenzia Fides)-“ Riuniti a Luanda per la seconda Assemblea Ordinaria Annuale, nel giorno dedicato alla nostra Indipendenza Nazionale, salutiamo con gioia il 30esimo anniversario dell’indipendenza dell’Angola” scrivono i Vescovi angolani in un comunicato pubblicato in occasione della festa dell’indipendenza nazionale angolana.
“A partire dall’undici novembre 1975 si è consacrata nel popolo la coscienza di essere una nazione con diritto a un nome: Popolo angolano. Sono stati trent’anni di un cammino adolescenziale con le difficoltà di una nazione in crescita, trent’anni interessati dal dolore, dalle lacrime e dall’allegria, ma soprattutto 30 anni caratterizzati da molte speranze nella terra che rinasce e si rincontra nei suoi figli, uniti nel volere far crescere l’Angola come patria unita, patria della libertà, della giustizia, della fraternità e della pace. Ci inchiniamo di fronte alla memoria delle diverse generazioni di angolani, che offrirono generosamente la vita perché la nuova nazione nascesse e si consolidasse” scrivono i Vescovi, i quali ricordano il cammino che ancora resta da fare per creare una nazione senza discriminazioni di carattere politico, economico, culturale e regionale, nella quale non esiste l’indifferenza del ricco nei confronti del povero.
“Dopo esserci incontrati oggi, 11 novembre, nel giorno dell’indipendenza nazionale, domenica 13 novembre presiederemo l’Eucaristia nelle diverse parrocchie di Luanda, per poi andare tutti a Mbanza Congo, culla del cristianesimo in Angola e sede del prima diocesi del Paese, dove parteciperemo all’Atto Celebrativo Nazionale voluto da questa Conferenza, la conclusione delle celebrazioni del centenario della Chiesa cattedrale” affermano i Vescovi.
“Dio benedica la nostra Terra! Dio benedica l’Angola” Felice è la nazione il cui Dio è il Signore!” (L.M.) (Agenzia Fides 11/11/2005 righe 26 parole 283)
mercoledì, novembre 09, 2005
Ma cosa pensi dei preti?
I PRETI SBAGLIANO SEMPRE
Se il prete è gioviale è un inganno; se è pensoso è un musone insoddisfatto.
Se è bello: “perché non si è sposato”; se è brutto: “nessuno l’ha voluto”.
Se va al bar, è un ozioso perditempo; se sta in casa, è un orso.
Se va in borghese, è un uomo di mondo; se veste la “tonaca”, è un conservatore.
Se parla con i ricchi, è un capitalista; se sta con i poveri, è un comunista.
Se sta con tutti, è u n qualunquista; o, peggio, un opportunista.
Se è grasso, non si lascia mancare nulla; se è magro, è avaro.
Se cita il Concilio, è un rivoluzionario; se parla di Catechismo, è un bigotto.
Se possiede un’auto personale, è ricco; se non ce l’ha, non è al passo con i tempi.
Se predica a lungo, è noioso; se alza la voce, è nevrastenico.
Se parla normale; non si capisce niente.
Se va a trovare i parrocchiani; ficca il naso negli affari degli altri.
Se sta in canonica e non visita le famiglie; ama il distacco.
Se parla di offerte e chiede qualcosa; non pensa altre che al guadagnare.
Se non costruisce e non realizza nulla; la parrocchia è morta.
Se trattiene a lungo i penitenti in confessioni; è interminabile e dà scandalo.
Se è svelto; va in fretta e non è capace di ascoltare.
Se inizia a celebrare la messa puntualmente; è in avanti il suo orologio.
Se ha un piccolo ritardo; fa perdere tempo a tutti.
Se è giovane; non ha esperienza.
Se è vecchio; è un rimbambito ed è ora che vada in pensione.
Se abbellisce la chiesa; getta via i soldi inutilmente.
Se non lo fa; lascia andare tutto alla malora.
Se viene trasferito o muore; chi lo potrà sostituire?
martedì, novembre 08, 2005
RAYMOND CARVER Un pomeriggio
Ecco qui, nuovamente qui per raccontare le giornate che davanti a me passeranno come razzi verso il nulla, giornate che per me potranno pure essere docili, ma per tanti dei miei non passa di una ver cacca. Così è il mondo.
In questo preciso momento che scrivo qualcuno in Africa sta morendo, qualcuno sta azionando un mina antiuomo, qualcuno, qualcunoooooooooooooooooooooo.
RAYMOND CARVER Un pomeriggio
Mentre scrive, senza guardare il mare,
sente la punta della penna che comincia a vibrare.
La marea si ritira sulla ghiaia.
Ma non è per quello. No,
è perché lei sceglie proprio quel momento
per entrare nella stanza senza nulla indosso.
Insonnolita, neanche tanto sicura di d ove si trova
per un momento. Si scosta i capelli dalla fronte.
Si siede sulla tazza con gli occhi chiusi,
il capo chino. Le gambe allargate. Lui la vede
dalla porta. Forse
sta ricordando cosa è successo la mattina.
Perché dopo un po' apre un occhio e lo guarda.
E sorride dolcemente.
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Raymond Carver
Blu oltremare
Poesie
Traduzione di Riccardo Duranti
minimum fax
martedì, novembre 01, 2005
ITALIANI E ITALIANE, IL VOTO è UN DOVERE, oltre che diritto
Dai, svegliatevi!!!
" QUELLO CHE ACCADE,
ACCADE NON TANTOPERCHE' UNA MINORANZA VUOLE CHE ACCADA,
QUANTO PIUTTOSTO PERCHE'
LA GRAN PARTE DEI CITTADINIHA
RINUNCIATO ALLE SUE RESPONSABILITA'
E HA LASCIATO CHE LE COSE ACCADESSERO"
(ANTONIO GRAMSCI)
Per altro penso che sia tempo di cominciare a pensare
sul voto degli immigrati.
UNA SICUREZZA NELLA GRAMMATICA
“Una sicurezza nella grammatica”, questo è il consiglio che Pia Airoldi, signora con cui abito mi ha consigliato come mezzo per migliorare la lingua italiana (parlata e scritta). A un primo ascolto e riflessione sembra semplice e facile, ma la “sicurezza” vuole dire dominare un insieme di fattori che interagiscono tra di loro col fine di dare sicurezza nella scrittura e nella lettura della lingua del bel paese.
In tre parole: per chi come me è straniero e vuole dominare bene l’italiano deve studiare l’italiano, studiarlo come si studio una disciplina qualunque, conoscere le sue forme idiomatiche, stereotipi, e via dicendo. Inoltre bisogna esercitarsi nella lettura e nella scrittura; la lettura va fatta d’accordo con l’obiettivo dell’apprendimento della lingua. Chi vuole apprendere l’italiano per fini giornalistici deve leggere molti giornali, cioè leggere e assorbire le forme con cui sono stati scritti i giornali che leggi. Lo scrivere è in gran parte conseguenza di quel che si legge, perché dall’abbondanza della lettura scaturisce lo stile.
E voilà, andiamo al lavoro.
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