Scrivere sulla Libia ormai è uno sport per dilettanti visto che chiunque spara a zero su questioni che non conosce. Quella in Libia è una guerra e in esse l’uomo tira fuori le parti peggiori del suo ingegno, ma certe cose restano comunque fantasiose. Negli ultimi giorni abbiamo letto di cecchini colombiani, di mercenari nigeriani, di piloti ucraini e serbi, di bombisti sudamericani, tutti a servizio di Gheddafi. Ma chi li ha visti? Vogliamo le prove, le immagini, gli interrogatori. Il buon giornalismo non può fidarsi delle affermazioni di una sola parte coinvolta in un conflitto. Nei telegiornali e negli articoli che vediamo in giro manca spesso il ponto di vista di coloro che sono con il governo.
L’ultima bufala pazzesca, forse una delle più grosse, la scrive il New York Times, secondo il quale le forze governative usano le bombe a grappolo a Misurata: ma chi le ha viste? Quale giornalista americano si trova a Misurata? Come è entrato in essa se la città è sotto assedio da diverse settimane? Inoltre, è conoscenza diffusa che le bombe a grappolo sono micidiali ed è ormai proibito il suo uso in qualunque scenario, eccetto in quello palestinese dove Israele con la missione “piombe fuso”ne fece largo uso su Gaza e restò impune. Dire che le forze governative hanno fatto uso di questi ordigni è un ulteriore modo di criminalizzarle nonché di alzare la criticità della situazione, per darne spazio ad approvazione da parte della comunità internazionale in vista di uneventuale intervento militare a terra, visto che quello aereo non è sufficiente. Questa guerra si sta trasformando in una guerriglia e se lo diventa davvero il numero dei morti sarà incalcolabili.
Scrivere, informare, aiutare a riflettere è una cosa positiva, ma per favore, oggi come oggi abbiamo bisogno di ponderatezza, di criticità, di senso del dovere, di dire la verità ai lettori che non hanno la capacità di decodificare certe informazioni.
Così l’uso delle bombe a grappolo si aggiungono al crescente numero di buffale/disinformazioni contro il regime di Gheddafi. Ricordiamo che all’inizio dell’operazione militare si è diffusa la disinformazione secondo la quale le forze governative reprimevano le manifestazioni con degli aerei da combattimento ed infine la manipolazione delle immagini di un normale cimitero diffuso come il luogo di una fossa comune per far sparire i corpi dei manifestanti uccisi.
Arthur Ponsonby diceva che quando si dichiara una guerra la prima vittima è la verità e, considerando i mezzi tecnologici che abbiamo oggi, ogni bugia viene ingigantita in tal modo che sembra la verità assoluta.
Per non lasciarsi ingannare basta diversificare le proprie fonti di informazioni, e oggi il web rende tutto più facile. Per questo ci vuole arguzia e buona dote di curiosità intellettuale. In questo processo l’uso delle domande è indispensabile, come lo è l’uso della ragion pura, il metodo cartesiano di mettere a soqquadro ogni cosa che ricevi e quand’anche la situazione raccontata sembra vera, domandarsi la verità opposta (capendo necessariamente le fonti di informazioni) aiuta a cogliere la verità o approssimarsi ad essa.
Per quanto riguarda i numeri dei morti attribuiti alla parte che si vuole eliminare bisogna prenderli sempre con le pinze. All’inizio abbiamo saputo che nella prima settimana di repressione erano morte già 10.000 persone. Tutte le Tv ed anche i grossi giornali hanno abboccato l’amo ed hanno pubblicato questa “falsa” informazione, senza nemmeno provare a cercare qualche conferma, risultato: è stato uno stratagemma usato dai ribelli per convincere le opinione pubbliche occidentali ad appoggiare i governi interventisti. In ogni modo, l’idea è troppo raffinata per cui è lecito dubitare che sia stata abbozzata solamente dai ribelli. Per questo aumentano le ragioni per cui credere e concludere che in questa storia ci sia anche la mano di grossi centri di controllo dell’informazione e propaganda pro-guerra in vista dei proventi petroliferi ed acquiferi.
La guerra è una bestia di sette teste, tutto si inventa pur di vincerla. Su questa via Sun Tzu affermava spesso che “tutta la guerra si basa sull’inganno.” Non lasciarti ingannare perché le guerre sono sempre ignobili.
Kingamba Mwenho
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