Cerca nel blog

venerdì, dicembre 04, 2009

Razzismo chic: Italia vs Cina, quando il male è a fine politico ed economico

 "Il razzismo è una brutta storia", così una frasi attaccata sul computer di una ragazza cinese, che nella Biblioteca centrale di Roma cominciava a fare i primi passi della metodologia della ricerca scientifica occidentale. Mi avvicinai sorridendo e la salutai fissando gli occhi sulla frasi, quando lei provando ad incrociare il mio sguardo mi chiese:

"Ciao, cosa sorridi?" Il suo saluto era naturale, così la sua reazione alla mia presenza. La rispose che "che mi interessava sapere la sua opinione circa la notizia del giorno: 'ragazzi milanesi negano di sedersi accanto a cinesi allegando presunta puzza'". In due secondi lei cambiò faccia, così gli atteggiamenti e le espressioni facciali. "Tutto il mondo è paese – mi disse la ragazza, mentre fissava il nulla in direzione ad un gruppo di ragazze italiane che più tardi mi chiederanno se parlavamo di loro -. In questi giorni, in Cina, - aggiunse la cinese - crescono gli atti di razzismo verso gli africani che la si dirigono per comprare merce. Io credo che siano dei fatti tollerabili se provenienti da persone ignoranti e/o non istruite, ma vanno condannati con ogni forza se a farlo sono uomini e donne istruite." Detto questo fissò il pavimento e provò a sorridere, ed io per sdrammatizzare la situazione, aggiunse sorridendo: "Questo è l'umorismo cinese?". Lei non rispose, ma con un filo di sorriso e con prossemica di fretta mi fecce capire che qualcuno l'aspettava fuori. Da parte mia, capì che si trattava di una ragazza di buona famiglia e ben educata, e non aggiunse niente.

razzismo_a_roma.png
Insomma, che dire?

Lei prese la parola, ci scambiamo altre battute sulla biblioteca, ma ebbi la sensazione che fosse assente, e d'un tratto mi sentì in colpa d'aver rovinato la sua giornata. Ci siamo salutati nella promessa di ritornare su questa tematica quando lei sarebbe tornata dalla Cina, considerando che andrà per le vacanze di natale e tornerà a gennaio.

Certe parole/azioni/sentimenti restano per l'eternità, così la tristezza di chi appartiene ad una famiglia e/o popolo razzista o che manifesta tale comportamento. E l'ammarezza è maggiore quando si prova nella propria pelle il male del razzismo. Ragazzi, diciamola chiara: il razzismo è una brutta bestia, e purtroppo tende a crescere il numero di persone – soprattutto in Italia - che lo pratica così come coloro che lo incentivano. Se dovesse parlare del razzismo in Italia, non posso escludere come prima colpa l'incitazione a fini di ritorno in consenso politico che ne è l'origine. Il resto è conoscenza diffusa: questo fenomeno si moltiplica quando siamo più deboli e senza punti di riferimenti religiosi/politico/culturali validi, così che più si ha noia del presente e paura del futuro, si ha paura dei diverso ed in conseguenza la porta del razzismo è una di quelle sempre aperte.

Tornando ancora al razzismo, "nostrano", direi che la prima causa è quasi automatica - e potrebbe essere tollerata entro certi termini -, la seconda è indotta. La causa indotta è più pericolosa perché tende a giustificare le azioni più maligne che ne scaturiscono, e non solo: fa di esso uno istrumento di lotta politica, come sottolineai appena, si usa la paura per fini politici. Si insinuano comportamenti devianti nei diversi, si attribuiscono malefatte varie, e si arriva a costruire il nemico perfetto e/o il capro espiatorio per i mali che infestano la comunità. Le statistiche dicono che i media "pilotati/" parlano di più di un portafoglio rubato da un zingaro, che di un grosso affare controllato da mafia. I 10 € rubati ad un cittadino – presunta opera di uno straniero o nella fattispecie più comune da uno zingaro - fa più notizie che 100.000 € che vanno a finire in mano ai mafiosi tramite l'estorsione.

Nella lotta al razzismo non servono né equilibrismi, né convergenze parallele, ma sì azioni fatti reali contro ogni singolo atto. "Ignorantia legis non excusat", chi sbaglia paga, a maggiore ragione se consapevole. Vi ricordate quando gli italiani venivano chiamati "maccheronici" in Francia, Svizzera etc? Brutti tempi. Lavoriamo assieme, e diciamo: "Il razzismo è una brutta storia".

Francisco Pacavira /2-12-2009

1 commento:

Anonimo ha detto...

Il problema è che quelli che molti, come te e me, chiamano "italiani" - ovverosia i meridionali, che all'estero in effetti avevano non poche grane - non vengono neanche riconosciuti come compaesani, dagli italiani razzisti del nord.
Loro dicono qualcosa come "noi non siamo italiani, siamo padani, sono loro gli italiani pasta/pizza/mafia/sole/mandolino", e se ne lavano le mani. Anche noi del sud veniamo discriminati, anche se in maniera meno diretta. Ci viene detto che siamo ignoranti, ladri, scansafatiche, mafiosi, tardi, che "non parliamo una parola d'italiano". Che "puzziamo", esattamente come, in teoria, "puzzerebbero" i cinesi.
Se provassero a conoscere quello di cui hanno paura magari imparerebbero che tutto il mondo è paese, che i delinquenti e le persone oneste ci sono a Milano come ci sono a Napoli, a Palermo, a Pechino o a Kabul. Ma forse spero in uno slancio di interesse da parte loro troppo grande.
Quoto in toto il post, e ti faccio anche i complimenti per il blog :D veramente interessante.
Hasta luego.

Valentina.