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giovedì, dicembre 30, 2010

Saper dialogare è il vero segreto della democrazia di Giuliano Amato


Una società meno divisa e capace di costruire un futuro comune. È il vero sogno di Natale e di fine anno, ha scritto giorni fa su queste colonne Bruno Forte e io sono d'accordo con lui. Non so se lo sono tutti - sono tanti i malati che s'innamorano della loro malattia - so per certo che la divisione e l'aggressività interna di cui soffriamo non sono una malattia solo italiana, sono il frutto di cambiamenti profondi che hanno investito e pericolosamente adulterato una buona parte delle democrazie avanzate.

Il mese scorso la School of Government della Luiss ha organizzato un seminario internazionale sul tema «Governare le democrazie». Ebbene, le differenze nelle forme di governo a cui attribuiamo così tanta importanza nelle nostre discussioni sulla riforma istituzionale - la differenza fra governi presidenziali e governi parlamentari, o quella fra governi del primo ministro e governi più collegiali - sembravano tutte più o meno irrilevanti davanti alle comuni difficoltà che sono emerse. E le difficoltà sono quelle di conflitti politici, che estraggono dalla società interessi, sentimenti e orientamenti diversi, li radicalizzano facendone bandiere sventolanti di confronto identitario e li rendono così non più componibili.
Né è necessario che tutti si comportino così perché si arrivi, lungo questa strada, alla delegittimazione reciproca, alla paralisi decisionale e alla conseguente corrosione di ogni tessuto comune. Basta che lo facciano parti consistenti del sistema politico. L'esperienza dei primi due anni della presidenza Obama, sottoposta a un'opposizione del genere e dopo un po' ridotta all'angolo dagli stessi elettori, è una prova eloquente di ciò che viene accadendo. Quanto all'Italia, basti dire che chiunque si adopra per trovare ragionevoli soluzioni comuni a problemi comuni è subito accusato di tentato inciucio dalle tricoteuses di entrambi gli schieramenti. E il nome stesso del reato testimonia la povertà culturale di chi lo brandisce.
Che cosa abbiamo fatto per meritarci questo e come ci siamo arrivati? Ci sono ovviamente delle specificità nazionali, ma ci sono anche delle grandi tendenze comuni. La prima investe la religione, un tempo fonte primaria di valori comuni e accomunanti nelle nostre società, che negli ultimi decenni ha visto restringersi la sua presa conformativa dei comportamenti individuali e collettivi e ha reagito accentuando l'intransigenza dirimente delle sue posizioni. Ciò sta accadendo nelle società europee e ancora di più nella democrazia americana, dove la libertà stessa e la civile convivenza dei cittadini poggiavano sulla guida morale che la religione manteneva salda nelle loro coscienze (se n'era subito accorto Tocqueville e lo ha poi insegnato John Dewey), e dove oggi fioriscono i fondamentalismi religiosi che sfidano e condizionano la politica. Col che, lungi dallo stemperare il confronto in nome di un bene comune, la religione contribuisce a esasperarlo.
La seconda grande tendenza riguarda l'indebolimento dei partiti, così come li avevamo conosciuti nel secolo scorso in particolare in Europa. Per decenni essi avevano reso possibile il governo delle nostre società, rappresentando i tanti e diversificati interessi cresciuti all'interno di queste, ma anche filtrando le domande di ciascuno e riconducendole a una visione comune, che essi portavano nelle sedi istituzionali con un personale preparato a farlo. Poi certo si sono ossificati e hanno perso il loro stesso bacino di coltura in società d'individui sempre meno organizzabili nei collettori politici tradizionali. Ma la loro funzione di rappresentanza e insieme di filtro è rimasta come un bisogno sempre più insoddisfatto.
E qui si è inserita la terza grande tendenza del nostro tempo, quella che, attraverso i mass media, ha sostituito all'organizzazione la comunicazione politica, connettendo direttamente agli elettori e più in generale alla pubblica opinione chi aspira all'elezione o già è stato eletto. È venuta meno così la discussione che in seno ai partiti metteva a confronto e riconduceva a denominatori comuni i vari interessi, è venuta meno la formazione che essi fornivano al governo degli affari collettivi, si sono drasticamente semplificati i messaggi politici (i mass media non tollerano la complessità del ragionare) e in questo contesto chi gioca la carta dell'estremizzazione gioca la carta vincente.
Si aggiunga infine che le tre tendenze hanno interessato le nostre società nel momento in cui queste si sono venute aprendo ad altre etnie e ad altre religioni, aumentando le diversità e i conflitti che la politica può usare per dividerle. Come uscirne? Di sicuro non possiamo uscirne all'indietro e quindi il ruolo positivo a cui assolvevano i vecchi partiti non deve portarci ad averne nostalgia, non solo per i guasti di cui essi si resero responsabili nella loro fase declinante, ma anche perché ripristinarli com'erano sarebbe comunque impossibile. Mentre è largamente inutile - lo accennavo all'inizio - lanciarsi in riforme dei vertici istituzionali, che non arriverebbero a toccare le radici del male. 
Il male è curabile se lo mettiamo a fuoco così come invita a fare Amartya Sen, quando scrive (Identità e violenza, Laterza 2006) che l'Occidente identifica la democrazia con le elezioni, ma il cuore di essa è il processo di discussione e di amalgama degli interessi, sul quale l'Oriente ha molto da insegnare. Non so se lo dobbiamo imparare a Oriente o a Occidente, ma di sicuro quel processo è essenziale ed è esattamente quello che ci stiamo perdendo. Andiamo a votare sulla base di sentimenti esasperati ed eleggiamo esperti non in governo, ma in esasperazione.
Più dell'ingegneria costituzionale può allora servire l'ingegneria sociale in funzione costituzionale, la promozione cioè di sedi e di occasioni che consentano ai cittadini di discutere in modo informato e ragionato dei temi che li riguardano. Si chiama in inglese "deliberative democracy", ci sono dei professori che la organizzano in via sperimentale, va resa prassi costante della politica e possono impegnarsi a farlo le associazioni volontarie, le istituzioni locali e, perché no, gli stessi partiti. Hanno ancora ramificazioni territoriali e possono usarle per qualcosa di meglio che non raccogliere voti o firme nei gazebi.
Ma serve non meno ricondurre l'etica all'etica e quindi rinunciare all'ubris, all'eccesso, nell'affermazione dei propri valori. Quando il nostro Presidente chiede di abbassare i toni, il problema non è solo di volume, ma di disponibilità a verificare la propria verità insieme agli altri e non contro di loro. Le religioni che ormai convivono nelle nostre società concordano nel dirci che siamo tutti figli dello stesso Dio. E cos'altro dovrebbe significare, se non aprire la strada al nostro sogno di fine anno?

30 dicembre 2010
http://www.ilsole24ore.com/

martedì, dicembre 28, 2010

PARLA L’AUTORE DEL SAGGIO CRITICO SULL’EUROPA DELLA MONETA UNICA

di Roberto Santilli

LONDRA – Il ritorno schiacciante delle élite assolutiste in cabina di comando è l’argomento al centro del saggio “Il più grande crimine”, pubblicato dal giornalista e scrittore Paolo…

Barnard sul suo sito Internet.

Sessanta pagine di nomi, cognomi, dettagli politici, sociali ed economici su ottant’anni di storia in Occidente, con particolare attenzione all’Europa della moneta unica. Una moneta non più sovrana come quelle nazionali, ma che va presa in prestito: caratteristica che limita la capacità di investimento per opere come potrebbe essere anche la ricostruzione dell’Aquila.

Quasi un secolo durante il quale secondo Barnard sono state abbattute conquiste sociali d’ogni risma a colpi di colossali bugie e storie di fantasmi inventate da chi, in sostanza, aveva sempre dominato i destini dei popoli ma che, in seguito agli sviluppi dell’Illuminismo e ai postumi democratici della Rivoluzione francese, era stato costretto ad indietreggiare di fronte alla diffusione su larga scala di idee contrarie alle proprie.

AbruzzoWeb lo ha intervistato.

Ha da poco pubblicato “Il Più Grande Crimine”, nel quale spiega che cosa è successo in Occidente negli ultimi ottant’anni di storia. In termini sociali ed economici, un vero e proprio disastro.

Sì, un piano perfido e criminale per il ritorno al potere assolutista delle élite finanziarie e grandi industriali, in particolare in Europa. Hanno tenuto milioni di persone in povertà o precarietà per puro calcolo di dominio e mai per necessità economica reale. Sto parlando dei cittadini occidentali, non del Terzo Mondo.

Difficile riassumere tutto in poche righe, ma ci provi.

Il “Vero Potere” ha pensato a come togliere agli Stati la possibilità di spendere a deficit. Il debito pubblico era in realtà un fantasma, gli Stati a moneta sovrana potevano gestire la propria economia semplicemente inventandosi il denaro sufficiente a ripagare il debito, ma questo era intollerabile per le élite economiche e industriali, che in tal modo avrebbero perso troppo potere. Da lì è partito tutto.

I cittadini e i lavoratori, la gente che ha perduto le più elementari garanzie, con chi deve prendersela? Chi è che ha venduto tutto e tutti? Chi non li ha difesi?

Se la devono prendere con le élite e i loro intellettuali, che descrivo nel saggio “Il più grande crimine”. Poi, in Italia, con il centrosinistra che è stato a tutti gli effetti il paggio in Italia del potere, del “Vero Potere”. Con i sindacati che non hanno capito niente di cosa il potere stava facendo e di come lo faceva, e si sono letteralmente venduti a esso. Infine con se stessi, per non voler agire con radicalismo né voler capire neppure quando gli viene detto cosa accade.

Nel saggio sottolinea che il progetto criminoso ha distrutto gli Stati sovrani e le leggi che li rendono tali e ha marginalizzato i cittadini attraverso alcuni “trucchi”. In che modo sono stati “vincenti” i vincitori e “perdenti” gli sconfitti?

I vincitori lo sono stati con una disciplina d’azione assoluta in tutto il mondo, con finanziamenti enormi, con un lavoro di creazione di cervelli omologati e messi in tutti i posti chiave della società che conta. I perdenti perché ammaliati dalla cultura della visibilità ed esistenza commerciale, incapaci di capire chi è il “Vero Potere” e come agisce, in più distratti da questo compito dai fasulli eroi dell’antisistema. In generale i perdenti hanno previlegiato le feste di piazza al lavoro serio, grigio, quotidiano che serviva per comprendere e combattere il potere.

Cosa sta realmente accadendo alla Grecia, al Portogallo, all’Irlanda, alla Spagna?

Vengono strangolati socialmente e sono obbligati a mantenere l’euro, che non possono permettersi. Questo consente a Germania e Francia, per conto di grandi industriali e gruppi finanziari, di costringere i Paesi a tagli selvaggi al settore pubblico e a una compressione dei salari da lacrime e sangue, con il fine ultimo di ottenere anche in Europa sacche di lavoratori pagati alla “cinese” per far profitti sull’export. L’Italia e tutti gli altri Stati dell’Eurozona sono destinati a questa fine.

I prossimi, quindi, siamo noi italiani? E l’Inghilterra? Gli inglesi sono a moneta sovrana, eppure i tagli alla spesa pubblica e la deregolamentazione del privato… Il primo ministro, David Cameron, usa spesso lo slogan “meno Stato, più società” sulla strada verso una “Big Society”. Quale “filosofia” si nasconde dietro?

Gli Stati dell’Eurozona hanno perduto le monete sovrane (lira, marchi eccetera) che permettevano teoricamente loro di gestire in modo sovrano la loro economia e la spesa dello Stato. Oggi l’euro non è più una moneta sovrana poiché non appartiene a nessuna nazione europea. Tutti gli Stati dell’Eurozona la devono prendere in prestito dalle banche e dai mercati privati, con conseguenza catastrofiche sui conti pubblici.

Fra l’altro, se avessimo ancora moneta sovrana, il governo potrebbe spendere tranquillamente per riedificare tutto l’Abruzzo terremotato senza limiti di budget. La Gran Bretagna ha ancora una moneta sovrana, la sterlina, ma il suo governo ha deciso per soli motivi ideologici di non usare la moneta per creare occupazione e servizi pubblici. Di fatto, stanno tagliando entrambi i settori selvaggiamente per conto degli stessi poteri industriali e finanziari di cui sopra, che sono i veri i padroni dei politici.

Lei ha vissuto per diverso tempo a Londra, una delle capitali “morali” del capitalismo mondiale. Quali momenti del progetto di cui si occupa nel saggio ha potuto vivere nella sua esperienza oltremanica?

È troppo lungo da raccontare qui, ma in sintesi ho visto con i miei occhi il risultato agghiacciante della compressione della spesa pubblica con la Thatcher, del mantenimento, su ordine delle élite finanziarie speculative, di una sterlina fortissima con bassa inflazione, che significava la morte delle aziende inglesi sui mercati dell’export e il crollo dei salari di milioni di lavoratori inglesi.

Ho visto il gonfiarsi della bolla speculativa immobiliare e la tragedia del suo crollo, con gli edili alla fame. Ma in parole povere, vedevo crescere ogni giorno per le strade i senza fissa dimora coi sacchi a pelo, ed erano tutti giovani delle periferie industriali ridotte alla fame da quelle politiche neoliberali. E con essi alcool e droga, disperazione.

Secondo un economista francese da lei intervistato, “pochissimi politici comprendono come funziona il sistema monetario e la vera natura della Banca centrale europea, per cui cascano facilmente nella trappola ideologica delle élite finanziarie. Per esempio Jean-Claude Trichet (oggi governatore della Bce, n.d.r.) quando era direttore del Tesoro francese ignorava del tutto le regole del sistema bancario moderno e dell’economia”. Com’è possibile una cosa del genere? Dove comincia l’infezione del rimbambimento sull’economia?

Non è difficile da capire. Chi è stato formato per tutta la vita su teorie economiche date per Vangelo, non potrà mai gettare alle ortiche tutto ciò in cui ha creduto e che gli ha dato carriera e potere per abbracciare una nuova verità. Il neoliberismo economico è divenuto il Vangelo di tutte le docenze di economia del mondo che conta, di ogni singolo master per manager, politici, tecnocrati e loro ci credono ciecamente. Ma è una teoria aberrante e di fatto sbagliata, che ovviamente avvantaggia solo le élite che l’hanno imposta.

Il primo medico ottocentesco che intuì che erano proprio i medici a spargere infezioni mortali in corsia a causa del fatto che non si lavavano le mani dopo le autopsie, fu cacciato e rinchiuso in manicomio. Erano medici, avevano studiato, eppure non capivano un accidente di infettivologia. Lo stesso accade fra gli economisti oggi, accecati dal dogma che hanno studiato.

Una tappa fondamentale del “crimine” porta il nome di Trattato di Lisbona. Cos’è in sostanza, in quale forma è stato proposto ai cittadini europei e quali effetti reali avrà sull’autonomia delle Nazioni?

È, di fatto, una Costituzione europea introdotta subdolamente dalla porta laterale della politica dopo la bocciatura di una simile Costituzione nel 2005 da parte di Francia e Olanda, intese come cittadini, non governi. Come ho scritto in passato “il sigillo a questo tradimento dei principi democratici fu messo dallo stesso Valéry Giscard D’Estaing (ex Presidente della Repubblica Francese, n.d.r.), in una dichiarazione del 27 ottobre 2007, raccolta dalla stampa europea: ‘Il Trattato è uguale alla Costituzione bocciata. Solo il formato è differente, per evitare i referendum’. I capi di Stato erano concordi questa volta: no al parere degli elettori, no ai referendum”. L’autonomia delle 27 nazioni della Ue non esiste più, poiché tutto il potere legislativo proprio dei parlamenti nazionali è oggi soggetto all’autorità superiore del potere legislativo della Commissione Europea, che nessuno di noi elegge.

Ha fatto l’esempio del leader dell’Italia dei valori, Antonio Di Pietro, uno dei tanti che si batte per difendere la Costituzione italiana e poi firma il Trattato che di fatto la abolisce. Semplice ignoranza o addirittura correità?

Di Pietro, con il suo codazzo dei soliti noti, si riempie la bocca ogni santo giorno di proclami disperati in difesa della Costituzione italiana, della quale lui e i suoi senatori e deputati hanno firmato l’abolizione il 23 e il 31 luglio del 2008. In quelle date un’Italia politica di ignoranti e/o in malafede, Idv compresa, ha ratificato il Trattato di Lisbona, depositato poi l’8 agosto, che di fatto sottomentte la nostra Costituzione del 1948 poiché, come sancito da una sentenza vincolante della Corte europea di giustizia “I trattati europei sono la carta costituzionale di una comunità legale, un nuovo ordine legale di fronte al quale gli Stati hanno limitato i loro diritti sovrani”.

Il cancelliere tedesco, Angela Merkel, ha invocato una modifica del trattato di Lisbona proprio per bloccare le Corti Costituzionali tedesche che volevano bocciare le decisioni Ue sul salvataggio delle Grecia. Significa che il trattato è più potente delle Corti Costituzionali tedesche.

I veri “padroni del vapore” come pensano di gestire un periodo indefinito di crisi e disoccupazione di questa portata? Non si sta forse esagerando?

Certo che stanno esagerando. Ma loro non hanno mai avuto e mai avranno una visione sistemica dell’economia. Significa che sono divoratori di tutto ciò che possono sbranare ora, subito, senza assolutamente pensare alle conseguenze a lungo termine. La catastrofica crisi finanziaria del 2007-2010 è la prova lampante di quanto dico, hanno distrutto le finanze di tutto il mondo occidentale in due anni e nessuno di loro si è mai preoccupato del danno sistemico.

Le banche stesse hanno speculato come squali e poi molte di loro sono affondate mentre ancora banchettavano. Ma le grandi banche e i grandi istituti di speculazione sanno che possono distruggere a piacimento, tanto poi i politici che loro comandano useranno le casse degli Stati per salvarli. Quello che è accaduto in Italia (52 miliardi di euro sborsati per loro) e nel mondo (circa 12 mila miliardi di dollari sborsati).

L’Europa è destinata a essere una zona piuttosto povera, allora. Perché? Solo per competere sul mercato con le nuove realtà come Cina ed India, che producono a costi di manodopera praticamente inesistenti?

È destinata ad avere sacche enormi di lavoro pagato alla cinese, per quello scopo. Ma anche per impoverire tutti i mercati pubblici europei che poi saranno svenduti ai privati per pochi spiccioli, in particolare i servizi essenziali come sanità, acqua, assistenza sociale, anagrafi, cimiteri, istruzione eccetera. La gente, anche se impoverita, dovrà per forza pagare quei servizi, garantendo profitti certi a chi li possiede.

Studenti in rivolta in tutta Europa per gli aumenti all’Istruzione. Per essere gestibile, la massa deve restare ignorante?

La ragione è duplice: gli ignoranti si controllano meglio, certo, ma soprattutto si pagano di meno. Vogliono comprimere i salari a livelli cinesi e si capisce che comprimerli su milioni di laureati e più difficile che su milioni di appena diplomati o addirittura non.

Prodi, D’Alema, Amato, Veltroni e altri del centrosinistra hanno contribuito ad accelerare le privatizzazioni e le internazionalizzazioni delle aziende pubbliche italiane. Un lavoro in teoria affidato alle destre economiche, come è avvenuto in Inghilterra con i laburisti, di destra, di Tony Blair. Cosa non si è capito in questo processo? Per chi ha davvero lavorato il centrosinistra italiano?

Sono gli eredi del Pci, che fin dagli anni 60-70 si era già posizionato come interlocutore privilegiato degli Usa e del grande capitale, mentre nelle piazze faceva la retorica dei lavoratori. Il centrosinistra ha ereditato il più potente partito-azienda del mondo, per cui ha subito compreso cosa si doveva fare per mantenere i legami con la grande finanza internazionale.

Ma in Italia si parla da quasi due decenni solo di Berlusconi, o con lui o contro di lui, con tutte le forze in campo per difenderlo o per farlo fuori. Lei lo ha definito “un problema biodegradabile”, lo considera un politico di serie C con un potere limitato al suo orticello.

La destra di Berlusconi è una congrega di caciaroni, affaristi da quattro soldi, improvvisati, reduci da piccoli partiti scomparsi, nani e ballerine e del “Vero Potere” non capiscono nulla.

E perché il premier non è gradito ai famosi piani alti? Chi è che davvero non lo tollera più?

È odiato dalla finanza internazionale, che ha in Italia il suo sicario in Carlo De Benedetti (e Marco Travaglio, Amato, Prodi, D’Alema eccetera). Entrò in politica col loro appoggio, quando credevano fosse un liberista puro, ma quando si rivelò disobbediente nel ’94 lo silurarono, ordinando alla Lega di uscire dal governo. Ma non avevano fatto i conti con gli italiani, che lo rieleggono sempre. Dal 2004 al 2009 tutta la stampa finanziaria internazionale maggiore lo ha demolito come “nemico del libero mercato” con una ferocia unica. Vorrà dire qualcosa, no?

Lui non ha capito gli avvisi, le sgridate. Ha continuato a fare i fattacci suoi nel suo cortiletto di casa, fregandosene degli interessi dei padroni internazionali. Il caso Alitalia ha fatto infuriare le corporate rooms europee e la sua recente lettera al G20 di Seul, dove chiede di mettere le manette alla finanza speculativa mondiale, lo ha definitivamente condannato. Non sto dicendo che Berlusconi è un bravo statista, solo che non capisce a chi deve obbedire. Prodi e D’Alema lo capirono subito, infatti negli anni ’90 fecero il record europeo delle privatizzazioni.

Salto nel passato. Tangentopoli: è contro i complottisti e le teorie del complotto in genere, ma un dubbio su quell’episodio della storia d’Italia le è venuto quando Gherardo Colombo…

Non esattamente. La coincidenza di date fra l’esplosione europea del potere dei tecnocrati neoliberisti, i fanatici delle privatizzazioni selvagge, del libero mercato senza interferenze delle leggi dello Stato eccetera e, guarda caso, la sparizione attraverso Tangentopoli di una classe politica italiana statalista e poco incline a servire gli interessi Usa, mi ha fatto sorgere domande molto tempo fa. Ne parlai dopo a Gherardo Colombo, ex del pool di Mani Pulite, ma lui non andò oltre a semplici suppposizioni.

Craxi e la vecchia classe politica italiana, brutta, sporca, cattiva e corrotta, ma statalista, non erano graditi ai piani alti. I piani alti però non li conosce nessuno, quindi è toccato a Craxi scappare. Si è trattato di un bersaglio “quasi” giusto?

Non ci sono collegamenti diretti fra la latitanza di Craxi e il potere della finanza internazionale che ha beneficiato della sparizione della Prima Repubblica. Questi ultimi probabilmente hanno ben visto le indagini come mezzo per portare in Italia una politica a loro asservita, ma Craxi scappò da ben altro.

Viene fuori che gli sforzi della società civile per cambiare le cose sono inutili, visto che gli attori sul palco, anche quelli considerati di opposizione, coprirebbero registi e personaggi principali di questa “commedia”?

In Italia abbiamo un nutrito antisistema che è composto da falsari truffatori che per ottenere fama, privilegi e denaro, stanno deviando l’attenzione di milioni di italiani su temi secondari, e anzi, uno come Travaglio attivamente promuove i valori dei poteri che ci stanno distruggendo. Questa è una vera tragedia, perché solo lo 0,2 per cento degli attivisti italiani si rende conto di cosa ci sta accadendo, della tragedia del mondo del lavoro per opera delle élite finanziarie e industriali.

Ma come? Grillo fra le altre cose si batte contro il nucleare, Travaglio parla costantemente e dettagliatamente di Mafia e la Gabanelli, che lei conosce bene per averci lavorato per anni, “resiste” su Rai 3 insieme a Santoro. Non si impegnano abbastanza?

Leggete sopra, poi aggiungo che in nessun ‘regime’, cito Travaglio, al mondo, e mai nella storia, si sono visti ‘paladini’ dell’antisistema stare in prima serata tv. Non ho detto che certe loro denunce non siano meritevli, il dramma è che nascondono cose mille volte più gravi e di cui non parlano mai. È come un ospedale che cura solo ulcere o reumatismi ma ignora tumori, infarti e coma.

Stando a quanto sostiene, mentre Roberto Saviano spiega in tv nascita ed evoluzione delle mafie in Italia, qualcuno che mafioso almeno sulla carta non è fa più danni di Riina, Buscetta, Provenzano e Schiavone? Dura da spiegare a chi ha subìto e subisce la violenza delle cosche, o no?

Fa molti, ma molti più danni. La mafia sottrae alla Sicilia un miliardo di euro all’anno di ricchezza, in due anni la crisi finanziaria ha rubato all’Italia 457 miliardi. Beh, è dura anche spiegare a uno che ha fitte bestiali da ulcera che la sigaretta che fuma lo sta ammazzando. Non dico che le denunce di Saviano non abbiano valore, dico solo che tutti veniamo indirizzati a curare l’ulcera e non il cancro.

Saviano poi è un falsario morale della peggior specie, un uomo che denuncia i 4 mila morti della Camorra in 40 anni e loda sperticatamente Israele che in un solo anno fece 19 mila morti illegalmente, che nel 2008 a Gaza ne ha fatti 1.300 in una sola azione di poche settimane. Sempre illegalmente. I morti non sono tutti uguali? I crimini non sono tutti crimini? Poi non si capisce quali rivelazioni abbia mai fatto Saviano, io non le ho viste e i napoletani che mi scrivono confermano.

Altra sua citazione. “In Italia se non sei di una parrocchia appartieni inevitabilmente a quella nemica”. Lei non vuole appartenere a nessuna delle due, ma sa bene che per certe battaglie serve visibilità. Questione amletica. Come si risolve? Esiste una cultura della “buona” visibilità?

No. L’unica è rendere protagonista ogni singolo individuo. Io ci provo senza visibilità.

I media incatenati alle esigenze dei proprietari e i giornalisti senza protezione legale per poter scrivere liberamente. Se ne uscirà? E come?

Che ciascun cittadino usi la sua testa. Non importa conoscere i dettagli dei dettagli dei dettagli, sappiamo alla nausea cosa non va, basta sapere le cose fondamentali e muoversi, agire, cose che non sappiamo più fare. Chi ha portato l’umanità dalle barbarie alla modernità lo ha saputo fare sapendo molte meno cose di noi e con mezzi primitivi. Torniamo ad agire.

Un salto in Vaticano. In percentuale quanto conta in Italia?

Poco, rispetto ai danni dei poteri di cui parlo.

Grande crimine, distruzione degli Stati e delle leggi, marginalizzazione dei cittadini, depauperamento delle forze lavoro, grandi sacche di povertà, livello di istruzione generale da abbassare fino a livelli medievali, polverizzazione di ogni concetto legato al sociale. Dove andremo a finire?

In nazioni con due terzi della popolazione che sopravvive in una forbice che va dalla ricchezza oscena a una risicata classe media in bilico, e con un terzo assolutamente alla fame come negli Usa, dove oggi 40 milioni mangiano una sola volta al giorno e altri 45 milioni devono scegliere se curarsi o mangiare. Avremo in Europa sacche enormi di lavoro pagato alla cinese e la perdita completa di ogni sevizio pubblico. A meno che non ci svegliamo e ci ribelliamo. Questo è quanto.

http://abruzzoweb.it/contenuti/barnardil-piu-grande-crimine-il-potere-demolisce-gli-stati/15114-308/

politica, cultura, società, inchieste, lavoro, economia 27/12/2010

LEGGI E SCARICA ”IL PIU’ GRANDE CRIMINE” DI PAOLO BARNARD

Fonte:http://www.traccialibera.it/

sabato, dicembre 25, 2010

Feliz Natal No Mundo - Auguri di Natale nel Mondo - Marry Christmas around the World

Albanese: Gezur Krishlinjden!
Arabo: Idah Saidan Wa Sanah Jadidah!
Armeno: Shenoraavor Nor Dari yev Pari Gaghand!
Basco: Zorionak eta Urte Berri On!
Bulgaro: Tchestita Koleda; Tchestito Rojdestvo Hristovo!
Catalano: Bon Nadal i un Bon Any Nou!
Cinese: Kung His Hsin Nien bing Chu Shen Tan!
Coreano: Sung Tan Chuk Ha!
Ceco: Prejeme Vam Vesele Vanoce a stastny Novy Rok!
Danese: Glædelig Jul!
Ebraico: Mo'adim Lesimkha, Chena tova!
Esperanto: Gajan Kristnaskon!
Filippino: Maligayan Pasko!
Finlandese: Hyvaa joulua!
Fiammingo: Zalig Kerstfeest en Gelukkig nieuw jaar!
Francese: Joyeux Noel!
Giapponese: Shinnen omedeto, Kurisumasu Omedeto!
Greco: Kala Christouyenna!
Inglese: Merry Christmas!
Irlandese: Nollaig Shona Dhuit, or Nodlaig mhaith chugnat!
Latino: Natale hilare et Annum Faustum!
Lettone: Prieci'gus Ziemsve'tkus un Laimi'gu Jauno Gadu!
Lituano: Linksmu Kaledu!
Maltese: Il Milied it Tajjeb
Olandese: Vrolijk Kerstfeest en een Gelukkig Nieuwjaar! or Zalig Kerstfeast!
Polacco: Wesolych Swiat Bozego Narodzenia or Boze Narodzenie!

Francis PACAVIRA ANGOLA
Portoghese: Feliz Natal!
Rumeno: Craciun Fericit
Russo: Pozdrevlyayu s prazdnikom Rozhdestva is Novim Godom!
Samoa: La Maunia Le Kilisimasi Ma Le Tausaga Fou!
Serbo-Croato: Sretam Bozic, Vesela Nova Godina!
Slovacco: Vesele, a stastlivy Novy Rok!
Sloveno: Vesele Bozicne, Screcno Novo Leto!
Spagnolo: Feliz Navidad!
Svedese: God Jul and (Och) Ett Gott Nytt År!
Tedesco: Froehliche Weihnachten!
Turco: Noeliniz Ve Yeni Yiliniz Kutlu Olsun!
Ucraino: Srozhdestvom Kristovym!
Ungherese: Kellemes Karacsonyi unnepeket!
Vietnamita: Chung Mung Giang Sinh!
Jugoslavo: Cestitamo Bozic!

venerdì, dicembre 24, 2010

Feliz Natal 2010 e Próspero Ano Novo 2011 - Merry Christmas and Happy New Year in Many idiom

Feliz Natal e Próspero Ano Novo
Merry Christmas and Happy New Year.
Joyeux Noël et Bonne Année.
Feliz Navidad y Feliz Año Nuevo.
Prettige Kerstdagen en Gelukkig Nieuwjaar.
Crăciun fericit şi un An Nou Fericit.
Καλά Χριστούγεννα και Ευτυχισμένο το Νέο Έτος.
기쁜 성탄과 새해 복 많이.

Francis Pacavira

giovedì, dicembre 23, 2010

Africa, cuore di tenebra dei traffici nucleari (che batte anche a Roma)

di Umberto Mazzantini

LIVORNO. El Pais e Guardian hanno pubblicato, tra la svogliata attenzione dei media italiani, i dispacci delle ambasciate Usa in Africa che descrivono uno scenario di «Contrabbando nucleare, contaminazione radioattiva, esportazione illegale di uranio ed una totale insicurezza negli impianti atomici in una selva di oscuri interessi politici economici, dove la corruzione è l'unica legge».

Certo in un Paese impegnato in uno spot natalizio a favore del nucleare come esempio di energia pulita, trasparente, sicura, a basso costo ed indispensabile non è una buona pubblicità quella che viene fuori da WikiLeaks sul traffico di materiale nucleare in Paesi spezzati dalla guerra, dalle malattie e dal neo-colonialismo che rapina le risorse naturali di Stati teoricamente ricchissimi, ed i cui bambini invece appaiono nelle nostre caritatevoli televisioni a titillare con i loro grandi occhi tristi e le pance gonfie i nostri (impigriti) sensi di colpa. I glaciali cablogrammi delle ambasciate Usa ci spiegano, senza forse volerlo, quale sia la rapina che sta uccidendo letteralmente milioni di persone e devastando l'ambiente e come questi traffici siano pericolosi per la stessa sicurezza mondiale.

Un dispaccio inviato nel 2006 dall'ambasciata Usa nella Repubblica democratica del Congo (Rdc),  racconta di una visita effettuata il 27 luglio da quattro diplomatici nel Centro di ricerca nucleare di Kinshasa, che ospita due reattori nucleari risalenti al 1959 ed al 1972, che non funzionano più da anni. Dentro quell'impianto obsoleto ci sarebbero 10,5 kg di uranio non arricchito (U-238) e 5,1 kg di uranio arricchito al 20% (U-235, quello che non si vorrebbe far produrre all'Iran perché ci costruirebbe la bomba atomica), 23 kg di scorie atomiche  e ci sarebbero stoccate 138 bare di combustibile. Il documento dell'ambasciata Usa rivela però che «Originalmente c'erano 140 barre. Però, due di questa sono state rubate nel 1998. Le autorità italiane ne recuperarono una più tardi dalla mafia a Roma, che a quanto pare  intendeva venderla a compratori non identificati del Medio Oriente. L'altra non è stata trovata».

Gli americani informano preoccupati che tutto questo pericolosissimo materiale è "protetto da un muretto alto 2 metri, senza nemmeno filo spinato in cima, e in parte crollato, l'impianto è praticamente al buio e non esistono telecamere di sorveglianza, allarmi od ostacoli di nessun tipo per entrare nel recinto che ospita l'impianto nucleare nella capitale della Rdc. La sicurezza interna è affidata a 21 vigilantes (9 poliziotti e 12 guardie private) che devono sorvegliare anche su 180 tecnici, operai, impiegati e scienziati il cui salario oscilla tra i 40 ed i 150 dollari al mese, il che, in uno dei Paesi più corrotti del mondo, rappresenta un vero e proprio invito alla corruzione. Il dispaccio Usa spiega che «E' facile irrompere nell'edificio e rubare barre di combustibile e scorie nucleari con un attrezzo non più grande di un taglierino». Una visita allo stesso centro un anno e mezzo dopo ha constatato che nulla era cambiato.

Altri dispacci parlano della scomparsa nel 2007 di 40 container contenti uranio ed altro materiale radioattivo provenienti dal Congo e che circolavano in Africa. 50 di questi container, sembra pieni di materiali utilizzati da ospedali dell'Ohio, erano stati inviati proprio dagli americani in Rdc '70 per "stoccarli" in diversi luoghi di Kinshasa, tra i quali addirittura il palazzo presidenziale. Nei primi anni ne sono spariti 40, rubati direttamente dai soldati dell'esercito congolese. 3 di questi contenitori, secondo le fonti Usa, vennero ritrovati nel 2004, quando furono intercettati un sudafricano ed un tanzaniano che cercavano di passare la frontiera dello Zambia per raggiungere il Sudafrica, dove li aspettavano misteriosi compratori. Secondo l'ambasciata Usa in Rdc la radiazione dei container era "debole", ma nessuno ha naturalmente avuto il coraggio di aprirli e probabilmente etichette e segnali erano stati manomessi e truccati per presentarli come non pericolosi. Il cablogramma comunque definisce il caso dei container scomparsi come il più grosso "imbroglio" dell'uranio in Africa e spiega anche dove sono finiti  altri 37 container: «In vari Paesi, tra i quali Uganda e Kenia» e che per il più grande sono stati chiesti 100 milioni di dollari. Questo traffico nucleare, destinato probabilmente ad organizzazioni terroristiche e a governi, è confermato da altri dispacci provenienti dalle ambasciate Usa in Burundi e Tanzania.

L'ambasciate di Bujumbura afferma che un container radioattivo è stato trafugato da un vecchio bunker nell'est della Rdc e che due congolesi hanno cercato di venderlo al miglio offerente, con l'unica condizione che b non si trattasse di arabi o musulmani.

L'ambasciata Usa a Dar es Salaam afferma invece che l'esportazione di uranio della Rdc verso l'Iran ormai è diventata una cosa comune: in un dispaccio del 27 settembre 2007 un funzionario afferma che due aziende svizzere, Cotecna Inspection S.A e SGS Tanzania Supertintendence Co. Limited, sono incaricate del trasporto.

Ma non ci sono solo i traffici, ci sono anche incidenti e contaminazioni nascosti dalla diplomazia internazionale. Un cablogramma informa (e conferma) di una gravissima contaminazione radioattiva nel Katanga, dove le miniere di uranio hanno prodotto in alcune aree un livello di radioattività fino a 179 volte sopra il livello di esposizione accettabile per gli esseri umani. Gli americani sono d'accordo con l'Internationa energy atomic agency sul «Potere delle compagnie minerarie straniere di comprare i giornalisti ed i politici e le pratiche di alcune imprese per esportare uranio sottobanco», per tutte viene citato l'esempio dell'impresa belga  Malta Forrest Company, presente in Congo dal 1915, quando il Paese era proprietà del re del Belgio.  La Malta Forrest esporta rocce contenenti uranio, rame e cobalto eludendo i controlli sulla radioattività e corrompendo i funzionari governativi. Dopo averle acquistate altre compagnie separano all'estero l'uranio dal rame e dal cobalto, così' risulta che la Malta Forrest esporta solo minerali "innocui". L'ambasciata Usa in Rdc spiega:  «Per esempio, nel 2006, una compagnia finlandese informo l'Iaea di aver importato una tonnellata di uranio dal Congo. Però, il governo congolese assicurò che quell'anno non aveva esportato uranio». Gli americani dicono che il traffico clandestino di uranio è destinato ad aumentare, visto che è passato da 15 dollari alla libbra nel 2004 a 135 nel 2007.

WikiLeaks rivela cosa ci sia davvero dietro la "Terza Guerra Mondiale Africana" che ha fatto milioni di morti nella Rdc e prodotto genocidi, guerriglie stragi che continuano anche in queste ore. Dalla sanguinosa disperazione del cuore di tenebra dell'Africa emergono i fantasmi radioattivi delle mafie e della guerra sporca internazionale, che potrebbe anche tradursi in una bomba atomica sporca o in una fiammata di guerra nucleare, ma che ha come ragione tanto inconfessabile quanto evidente la guerra per le risorse in un mondo globalizzato che sa che le risorse non sono infinite. I Kalashnikov che crepitano nelle foreste del Congo, distruggendo le povere vite di chi non ha nemmeno una lampadina, servono a difendere l'insensata, distruttiva e radioattiva corsa dell'economia planetaria, ammalata di una famelica ingordigia senza futuro, che tutto permette e tutto giustifica.

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lunedì, dicembre 13, 2010

La democrazia dell'irresponsabilità di ILVO DIAMANTI

DOMANI andrà in scena il rito della fiducia al governo. Annunciato da tempo e poi rinviato. Messo in dubbio e infine ribadito. Perché la fiducia è una cosa seria. Anche se è una merce rara, in politica come nella vita quotidiana. Ma è necessaria in Parlamento: per verificare l'esistenza di una maggioranza, più che di un legame di "fiducia".

Alla base del sostegno a un governo, a un partito o a un premier ci possono essere, infatti, diversi motivi. Spesso personali. Ostilità e solidarietà, simpatia e antipatia. Ma anche interesse e utilità. Perché nella democrazia rappresentativa non si può ricorrere al "mandato imperativo", che vincola l'eletto alla fedeltà verso i suoi elettori. Per cui gli eletti dispongono di un buon grado di autonomia individuale nelle proprie scelte. Possono, cioè, decidere con una certa libertà come agire, nelle singole questioni, ma anche in quelle più importanti. Fino a dissociarsi dalle posizioni del partito o dello schieramento nelle cui liste sono stati eletti. Non solo: fino al punto di uscire da un partito o da uno schieramento per scivolare in un altro. È sempre avvenuto, in realtà. Senza andare troppo indietro nel tempo, basti pensare alla rapida conclusione del governo Prodi, nel gennaio 2008. Affondato dal "voto amico".

In questa legislatura, però, il fenomeno ha assunto proporzioni ampie e inattese. Tanto da mettere in crisi - comunque vada la verifica di domani - la maggioranza larga di cui disponeva il centrodestra dopo le elezioni del 2008. A causa, anzitutto, della frattura nel Pdl, seguita al distacco insanabile di Fini e dei suoi "fedeli" (?) da Berlusconi e il suo Popolo (della Libertà). Nelle ultime settimane, in particolare, i "distacchi" e i "ripensamenti" si sono alternati e allargati, in modo frenetico. Ispirati da logiche diverse. Dove gli interessi hanno preso il sopravvento sui valori. Dove i fini politici e la morale hanno imboccato percorsi divergenti - come ha scandito con forza Eugenio Scalfari ieri. Dove la morale si è perduta, all'ombra di calcoli assai più venali. Tanto che si è parlato - e si continua a parlare - di "mercato" dei voti. E dei parlamentari. Di cui sta occupando perfino la magistratura.

Sarebbe, peraltro, poco utile - a mio avviso - circoscrivere questi comportamenti dentro i confini dell'indignazione (anch'essa una merce molto rara, in questi tempi).
Gli slittamenti di partito e schieramento, oggi, avvengono sulla spinta di incentivi diversi - seppure, talora, eguali - rispetto a quelli che alimentano la "fedeltà" politica. Cioè: i vantaggi di carriera, di reddito, di potere, di visibilità legati al ruolo di parlamentare. D'altronde, la coerenza con i principi e i fini assoluti - nel linguaggio di Max Weber: "l'etica della convinzione" - non ha mai avuto una credibilità così bassa, in politica. I legami ideologici e associativi, perfino di categoria, si sono indeboliti e quasi dissolti, insieme ai partiti e alle grandi organizzazioni di interesse. Oggi, in fondo, i parlamentari a chi rispondono? I partiti praticamente non ci sono più. Salvo la Lega. E, comunque, sono tutti centralizzati e personalizzati. Compresa la Lega. Per cui diventano - sono divenuti - canali di mobilitazione individuale. Metodi per affermarsi e riprodurre la propria posizione. Certo, Berlusconi ha diviso il mondo in due: tra se stesso e i comunisti. Fra la libertà e la barbarie. In questo modo è riuscito a restituire un senso a una politica che aveva perduto senso. Nonostante sia lecito e legittimo interrogarsi: se abbia senso una politica fondata su questa alternativa. Ma tant'è. Di fronte a uno spettacolo politico tanto desolante (in un'epoca nella quale non c'è distanza fra politica e spettacolo), si ripropone la questione posta all'inizio. L'autonomia degli eletti e dei parlamentari rispetto agli elettori. Fino a che punto può spingersi? E quando, come in questa fase, produce comportamenti del tutto dissociati rispetto alla volontà degli elettori, si può parlare ancora di democrazia - anche se rappresentativa?

Il fatto è che nella democrazia rappresentativa il principio dell'autonomia degli eletti deve essere bilanciato da quello della "responsabilità". Ricorrendo di nuovo alla lezione di Max Weber: l'etica del politico è "responsabile" in quanto considera le conseguenze delle proprie scelte sul piano pubblico. Ma anche sul piano elettorale. (Come sottolinea Bernard Manin, nei "Principi del governo rappresentativo", pubblicato da "il Mulino")
In altri termini: gli eletti possono anche passare a un gruppo - magari uno schieramento - diverso. Proclamare l'interesse pubblico, praticando in realtà quello privato - e familiare. Però poi ne devono rispondere ai propri elettori. E agli elettori - in generale. Razzi oppure Calearo (ma solo chi lo ha candidato nel Pd poteva ignorare che non marcia a sinistra neppure quando guida in Inghilterra): dovranno rispondere delle loro posizioni e del loro operato alle prossime - più o meno imminenti - elezioni. Tuttavia, ciò difficilmente avverrà. Anzi: non avverrà di certo. Non solo perché la memoria, in politica, è sempre corta. E dal 15 dicembre, cioè: dopodomani, i "mercanti della fiducia" - finito il loro momento di gloria - probabilmente torneranno nell'ombra. Ma soprattutto perché gli elettori hanno perduto ogni potere di scelta "personale". Cioè, "personalmente", non possono esprimersi sulle "persone" che li rappresentano. In base a valutazioni retrospettive sull'azione degli eletti.

Considerando gli effetti di ciò che essi hanno fatto durante il loro mandato: per noi, la nostra categoria, la nostra zona. In riferimento ai valori in cui crediamo. Perché non esistono possibilità di verifica e di controllo diretto da parte degli elettori, con questo sistema elettorale, centralizzato, senza preferenze, a liste bloccate, che premia le coalizioni. Che attribuisce alle leadership di partiti personali oppure oligarchici il potere di scegliere e decidere. Chi eleggere e dove. Chi candidare, ricandidare oppure escludere. Questa democrazia, sempre meno rappresentativa. Sicuramente "irresponsabile". E poco democratica. Riproduce e promuove un'etica dell'irresponsabilità: civile e personale.

giovedì, dicembre 09, 2010

Il voto del 14.dicembre e la volontà di cambiamento

Il 14 l'Italia può davvero cambiare, ma purtroppo ci sono troppi interessi oscuri. Alla fine ti chiedo: chi vuole un'Italia più moderna? Chi vuole un'Italia con maggiore giustizia sociale? Chi vuole un'Italia meno mafiosa? Chi vuole... chi vuole... Il 12 c'è una manifestazione... pensaci

martedì, dicembre 07, 2010

Widgets di Wonzio si sono fermati: perché?

Per uno strano problema ancora non identificato, i mei Widgets di Wonzio si sono fermati, cioè, non funzionano più. Forse il sistema si è inceppato, forse l’organizzazione che li ha inventati si è resa conto che non guadagna tanto in relazione a ciò che le sue applicazioni riescono ad aiutare i bloggers di tutto il mondo a guadagnare. Come sempre, mi resta solo da augurarsi che nascano altrettante Wonzio, perché morto un direttore se ne fa altro.

giovedì, dicembre 02, 2010

Quando Rudolf Steiner sulla gioia e sul dolore

“Le gioie sono doni del destino e il loro valore è nel presente,ma i dolori sono la sorgente della conoscenza e il loro significato si mostra nel futuro.” Rudolf Steiner

Purtroppo certi momenti sono così pesanti, certi dolori così profondi che preferiamo una vita eterna senza dolori. Il mio pensiero va a coloro i quali hanno perso il lavoro e lottano per sopravvivere giorno dopo giorno, a coloro i quali vivono col terrore di perdere il misero lavoro che gli garantisci il pane d'ogni giorno, per non parlare degli immigrati che perdendo il lavoro si trovano subito nella condizione di stranieri illegali.

Mi viene in mente una frase che spesso si usa: l’Italia non è un paese per giovani. Forse è vero, ma bisogna a questo punto aggiungere che l’Italia non è proprio un paese, perché un paese non adatto ai giovani non merita di essere considerato tale. La cosa si fa pesante se riferito agli stranieri: non è un paese per gli indesiderati. Suonerebbe più meno così.
Eh vabeh.
La gioia e il dolore si abbracciarono e si baciarono.

Jefferson diceva che… Wikileaks, Iran, Angola e l’italia.

Il più utile dei talenti è di non usare mai due parole quando una è sufficiente.
(Thomas Jefferson) 

La giornata è cominciata bene e mi auguro che continui bene e possa alla fine chiudersi alla grande. Mi girano per la testa alcune questioni internazionali, alcune di politica ed economia angolana e alcune italiane. Come spesso mi accade, mi fermo per riflettere quale risposta dare a ognuno di questi problemi:

1) Cosa fare con il fondatore di Wikileaks?
2) Come andrà a finire la questione del nucleare iraniano?
3) Quale l’attuale posizione dell’Angola  - in termini di democrazia e sviluppo economico - nell’arena internazionale?
4) Cosa possono fare gli angolani fuori del paese per aiutare la propria terra?
5) L’italia. … … Come mai?

Ps: L’Italia (italia) è un modo di esprimere la mia piccola rabbia contro una classe politica che non ha né occhi per guardare né orecchie per ascoltare: non ha un testa.

mercoledì, dicembre 01, 2010

Il giornalismo e la letteratura secondo Oscar Wilde vs Francisco Pacavira

Mentre mi accingo ad andare  letto mi vengono in mente le parole di Oscar Wilde secondo le quali la differenza tra la letteratura ed il giornalismo consiste nel fatto che il giornalismo è illeggibile e che la letteratura non viene letta. Anche il caro Wilde si è lasciato portare dalla corrente contraria ai giornalisti. C’è infatti da ricordare che i giornalisti – scritti con la G - sono coloro che per professione devono raccontare il modo, però con e nei fatti, ma raccontarlo, aiutare la gente a vedere lontano, informare, dare forma alla società nelle quali sono immersi.

Francisco Pacavira giornalista moderno 
Il giornalismo è un mestiere tosto

Così, mentre mi preparo a chiudere questo computer la mia immaginazione vola, la mia fantasia effettua salti mortali per arrivare a quelli che in questo momento scrivono, raccontano ciò che hanno visto, che hanno sentito, che hanno detto loro di scrivere in modo a preparare i giornali di domani. Il mestiere di giornalista è tosto, più che illegale dovrebbe essere rispettato e promosso. Immaginate coloro che scrivono dalla Russia, da tante parti dell’Africa sotto dittatura, dalla Cina ed altri luoghi sempre caldi. Raccontare la verità non è un mestiere per deboli.

Però, anche così, per oggi chiudo con queste righe che a mio vedere costituiscono le prime di una lunga sfilza di righe tese a raccontare le mie giornate, le idee che mi attanagliano la mente, le pressione, tutto ciò che credo possa aiutarmi ed aiutare altri a rilassarsi mentre si trovano in momenti particolarmente “duri”.

Buona notte amici miei…

Francis