In nome di uno scherzoso nazionalismo gli hacker dei Paesi balcanici si sono impeganti a violare i rispettivi siti internet.
L'episodio che ha dato fuoco alla miccia della guerra virtuale è stato il veto delle autorità croate all'ingresso nel paese del giocatore di basket serbo Milan Gurovic. Il campione del Partisan di pallacanestro ha tatuato sul braccio un ritratto del generale Dragoslav Mihajlovic, controverso comandante dei "cetnici" durante la Seconda Guerra Mondiale e figura particolarmente invisa ai croati.
La decisione di Zagabria che aveva scatenato molte proteste in Serbia, ha spinto molti tifosi del Partisan ad attaccare il sito web della sciatrice Janica Kostelic, campionessa di combinata. L'assalto volveva essere solo simbolico e non ha creato grossi danni: per qualche tempo, sullo schermo è apparsa una celebre poesia serba "Otadzbino" (Madrepatria) con la dicitura "Questo è per Gurovic". Il tutto in lettere cirilliche, tanto per creare qualche complicazione in più.I croati sono passati subito al contrattacco: con le stesse modalità, sul sito del Partisan è apparso il messaggio "Janica, gli hackers croati sono con te".
La controffensiva di Belgrado a quel punto ha scelto un target politico: la pagina internet dell'organizzazione "Legioni nere", un'associazione di estrema destra croata che si rifà agli ustascia degli anni '40. Il messaggio stavolta era una domanda provocatoria: "Dove si nasconde Ante Gotovina?", principale latitante croato del Tribunale penale internazionale (Tpi) per il conflitto degli anni '90. Poi, per moderare i toni della battaglia informatica, i sorbi sono anche entrati nel sito della città di Zagabria e alla pagina dedicata ai film in proiezione hanno aggiunto una nota che recitava "Cari saluti dalla Serbia".
I croati a quel punto hanno assaltato la chat-line "Serbianchat", rispondendo con "Cari saluti dalle legioni nere: Gotovina sta chattando con (Radovan) Karadzic e (Ratko) Mladic", i principali latitanti serbo-bosniaci del Tpi. Fin qui, la lotta è stata solo una sfida fra geni informatici tesi a dimostrare la loro bravura nel superare le barriere di protezione dell'avversario, ma senza creare danni permanenti.
Come è destino dei conflitti balcanici, però, la guerra si è subito allargata, con l'ingresso in campo degli hacker albanesi. I nuovi belligerani hanno usato la mano pesante: hanno totalmente distrutto il sito della Chiesa ortodossa serba dedicato al monastero di Pec, in Kosovo, culla del Patriarcato serbo.Al posto delle pagine dedicate al complesso religioso è apparso un poster con la scritta "il Kosovo sarà indipendente dalla Serbia".
Da "Il Piccolo" giornale di Trieste del 18/01/2005
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